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Musica al Museo

    Musica al Museo in collaborazione con Musicanovi presenta:

    Prosegue la seconda edizione di “Musica al Museo”, rassegna di concerti che si tiene negli spazi del Museo dei Campionissimi organizzata con l’Istituto Comprensivo Due di Novi Ligure.
    Frutto dello sviluppo di azioni rivolte alla città e al territorio in risposta operativa al Patto educativo di Comunità sottoscritto dal Comune e dalle scuole della città, l’iniziativa ha tra i suoi nobili obiettivi la divulgazione della musica dal vivo attraverso l’ingaggio di professionisti della musica classica, jazz e blues. Alcuni nomi dei protagonisti: Enrico Pesce (docente di composizione, analisi, teoria e storia della musica presso il Liceo Musicale “Saluzzo-Plana” di Alessandria, concertista, direttore d’orchestra), Gianni Coscia (fisarmonicista tra i più noti esponenti del jazz moderno), Beppe Balossino (batterista e docente preso la scuola di Musica Corale di Acqui Terme), Gian Marco Bosio (direttore d’orchestra e compositore).
    Oltre alla concessione del patrocinio e degli spazi museali, da quest’anno il Comune di Novi Ligure è in prima linea impegnato economicamente nella gestione e nell’organizzazione della rassegna, in accordo con l’ampliamento dell’offerta museale alla musica e alle attività di performance dal vivo. La formula del concerto durante il pomeriggio della domenica (inizio concerti ore 17), vincente lo scorso anno, viene nuovamente proposta al fine di dare continuità e riconoscibilità alla rassegna.

    Coro di Alessandria “Mario Panatero”

    Intitolato al compositore concittadino Mario Panatero (1919 – 1962), il gruppo si è
    costituito nel novembre del 1998, ereditando in linea diretta esperienza e componenti
    del coro dell’allora Azienda Teatrale Alessandrina (A.T.A.).
    Nato nel 1982 nell’ambito del ‘Laboratorio Lirico di Alessandria’, e già sotto la direzione
    di Gian Marco Bosio, in quella veste il Coro si misurò più volte con le scene,
    partecipando all’allestimento di opere di tradizione e di lavori contemporanei, spesso
    presentati in prima assoluta o nazionale.
    Parallelamente, esso si dedicava anche al repertorio sacro e cameristico, con
    programmi di epoche e autori vari con una sensibile predilezione per il Novecento.
    Questa versatilità il Coro ha mantenuto anche nella sua nuova veste partecipando ad
    importanti Festival e Rassegne collaborando con prestigiosi Enti. Tra i suoi impegni,
    LaMissa pro Defunctis di Francesco Cavalli, l’esecuzione dei Chichester Psalms di
    Leonard Bernstein in seno all’azione drammatica Cantata di San Sabba rappresentata
    in occasione delle celebrazioni della ‘Giornata della memoria’, Carmina Burana di Carl
    Orff, Stabat Mater e Petite Messe Solennelle di Gioacchino Rossini.

    Scott Joplin e Treemonisha

    Nasce probabilmente nel 1868 in una capanna al confine tra Texas ed Arkansas, secondo di sei figli.
    Il padre, ex schiavo che si guadagnava da vivere nei campi, si diletta di violino; la madre, una
    donna libera, canta e suona il banjo. A Texarkana, dove i Joplin si trasferiscono dopo il 1872, il
    giovane Scott ha le sue prime occasioni di cimentarsi col pianoforte di un ricco bianco di origini
    tedesche, Julius Weiss, presso il quale è a servizio la madre. Notato il suo talento, Mr Weiss gli offre
    delle lezioni gratuite di pianoforte e lo introduce alla conoscenza delle forme classiche della musica
    europea, il cui influsso sarà evidente nelle future composizioni. Negli anni Ottanta del XIX secolo,
    per guadagnarsi da vivere Scott girovaga nel Midwest, stabilendosi infine a Sedalia, dove studia
    composizione e suona con alcune band nei saloon. Qui viene a contatto con musicisti neri e le
    musiche allora in voga. Si tratta di una forma sincopata, risultato della contaminazione di
    composizioni da ballo e marce europee con gli stili e i ritmi africani. E’ una musica a carattere
    prevalentemente pianistico, briosa ed elettrizzante se suonata in fretta, struggente e nostalgica se a
    ritmo più lento. E’ il “ragtime”, che letteralmente significa “tempo stracciato” o “a brandelli”. Chi ha
    estratto questo diamante grezzo dal fango e lo ha lavorato, conferendo la dignità di “classico” ad un
    genere musicale che avrebbe influenzato autori come DvořàK, Débussy, Satie, Stravinskij e altri è
    proprio Scott Joplin, acclamato “Re del Ragtime”, a partire dallo straordinario successo di “Maple
    Leaf Rag” del 1899.
    Grazie a “The Entertainer”, altro suo brano utilizzato nel film “La Stangata” del 1973, Premio Oscar
    per la migliore colonna sonora, il ragtime ha conosciuto un inaspettato revival negli anni Settanta
    del secolo scorso, malgrado la vicenda sia ambientata a metà degli anni Trenta, epoca in cui
    dominava lo swing ed il ragtime era stato accantonato ormai da un cinquantennio.

    Il componimento più ambizioso e innovativo di Scott Joplin. Melodramma in 3 atti del 1911 sullo
    stile delle opere europee (ouverture, arie, recitativi, cori e balletti). Porta in scena una comunità
    afroamericana ed il suo tentativo di emanciparsi dall’inferiorità sociale e culturale nella quali, pur
    liberati dagli esiti della guerra civile, continuano a vivere i neri negli Stati del Sud. Leader di tale
    riscatto è per di più una donna. L’opera è ambientata in Arkansas dopo la guerra di secessione, la
    storia è incentrata su Treemonisha, una neonata di colore raccolta sotto un albero da Ned e
    Monisha, una coppia di neri liberati che vivono in una piantagione. I due faranno studiare la figlia
    adottiva Treemonisha, la quale poi combatterà per riscattare il suo popolo, dandogli un’istruzione e
    liberandolo dalla superstizione e che verrà nominata a capo del villaggio. Il finale dell’opera con il
    pezzo “A Real Slow Drag” è un messaggio di speranza per un futuro migliore per tutta la comunità,
    donne e afroamericani compresi.
    Ignorata dagli impresari e mai rappresentata in vita (non si concepiva, all’epoca, che un uomo di
    colore aspirasse a scrivere musica “colta”), l’opera avrà gloria postuma soprattutto grazie alla
    riscrizione orchestrale di Gunther Schuller ottenendo nel 1976 il Premio Pulitzer per il contributo
    dato alla musica americana, quattro anni dopo la prima esecuzione, avvenuta ad Atlanta il 27
    Gennaio 1972.
    Di “Treemonisha” Scott Joplin diceva che “non è ragtime, non è una commedia, è un’opera seria
    scritta con grandi parti per coro e nel miglior contrappunto”.
    In conclusione traspare che il vero progetto culturale di Joplin consisteva nel dare al suo paese
    l’opera lirica sullo stile dell’opera Europea, ma senza dimenticare la cultura americana ed in
    particolar modo l’esperienza e sensibilità della gente di colore. La scelta del testo è un ulteriore
    conferma del progetto di Joplin.
    Un testo semplice, ma estremamente efficace nel colpire una situazione ristagnante verso il popolo
    di colorenonostante la recente rivoluzione.

    TREEMONISHA, donna colta, dopo essersi scontrata con la stregoneria e l’ignoranza diventerà
    l’eroina incontrastata del suo popolo. Questa scelta è una ulteriore provocazione verso una cultura
    ingessata e tradizionalista in cui era impensabile pensare ad una persona di colore nel ruolo di
    governante e per di più donna. Joplin non si smentisce e come quasi tutta la sua produzione, anche
    questo lavoro nasce col solo sostegno del pianoforte.
    Il risultato finale è un lavoro fresco il cui autore estremamente colto riesce, specialmente in alcune
    arie e importanti masse corali, a riportarci all’opera lirica, ma le sue tradizioni non vengono affatto
    nascoste e a tratti si trasformano in musical, commedia piuttosto di afflati jazzistici, ma
    complessivamente estremamente piacevole come tutte le creazioni artistiche spinte e sostenute da
    una vera idea.